Curiosità e condivisione: così voglio raccontare l’innovazione
In un’epoca di trasformazione profonda, come quella che stiamo vivendo ora, anche il giornalismo subisce la sua ‘crisi di identità’. Ma è proprio quando si cade che arriva l’opportunità più grande: quella di rialzarsi! Io mi rimetto in piedi, partendo da qui
Chissà come verranno raccontati ai ragazzi di domani, quelli che ancora devono nascere, questi anni di profondo cambiamento sociale, economico, politico e tecnologico… è una riflessione che mi trovo a fare più spesso di quanto in realtà vorrei, forse perché a quelli della mia generazione, in fondo, non è che abbiano raccontato molto delle implicazioni della rivoluzione industriale o degli impatti del progresso tecnologico sulle persone, sui modelli di business, sulle economie e le politiche locali ed internazionali.
A qualcuno di voi, durante la scuola media o quella superiore, hanno raccontato delle migliaia di persone che hanno perso il lavoro a causa dell’arrivo dell’energia elettrica (i responsabili degli impianti di produzione energetica delle aziende produttive, per esempio, o gli ‘accenditori’ di lampioni a gas per l’illuminazione cittadina) o delle nuove professioni che per certi periodi, seppur limitati, si sono venute a creare (per esempio quella dell’uomo che, prima del 1896 con la legge sulla libera circolazione delle autovetture, doveva camminare davanti alla ‘locomotiva leggera’ per segnalarne l’arrivo con una bandiera rossa)?
Oggi viviamo in un periodo storico, a mio avviso, straordinario. È un’epoca di intensa trasformazione con implicazioni profonde non solo sul lavoro ma su tutto ciò che ‘regola’ la vita civile di un uomo come la politica, l’economia, la sociologia e la filosofia. Un’era che si sta ‘consumando’ in fretta, accelerata dalla tecnologia, che forse solo tra qualche decennio potremo capire davvero ma che oggi possiamo comunque raccontare, senza attendere che la storia trovi il suo posto tra i libri di scuola.
Ed io questo faccio, ‘racconto l’innovazione’. E lo faccio in un momento in cui il giornalismo non gode più dell’autorevolezza con la quale, un tempo, si è testimoniata la storia. Un tempo dove ‘a raccontare’ c’erano solo i professionisti che oggi ‘combattono’, ‘resistono’ o ‘promuovono’ (dipende dalle ‘posizioni personali’ di ognuno) un cambiamento che, inevitabilmente, sta travolgendo anche loro… e me!
Negli ultimi mesi, in particolare, il proliferare delle ‘fake news’ ha fatto emergere una criticità ancor più grave – secondo la mia opinione – che riguarda il ruolo ‘dimenticato’ dei giornalisti. L’arrivo dei social network ha indubbiamente scardinato in brevissimo tempo le abitudini di interazione e comunicazione delle persone, mettendo ancor più in crisi il mondo dell’informazione (messo a dura prova, inizialmente, dalla diffusione di massa di Internet). Ma davvero dobbiamo ricercare nella tecnologia la causa del ‘nostro male’? La tecnologia ha indubbiamente avuto effetti sociali (ed economici) che hanno costretto i media a rivedere le strategie di offerta dei propri servizi, ma possiamo realmente incolpare l’ondata innovativa dell’avere oggi un pubblico ‘stanco’, che legge poco ed ha scarsa fiducia nei giornalisti?
Di contro, possiamo davvero, come lettori e fruitori di informazione e contenuti, incolpare i giornalisti per la nostra scarsa propensione ad ‘acculturarci’, per l’aver preferito, in questi ultimi 20 anni di ‘web libero’, la via più breve e più semplice per avere un’opinione, spesso accontentandoci di ‘esprimerla’ condividendo con un ‘like’ quella di un altro?
Non ci sono risposte semplici, i quesiti sono troppo ampi e implicano, nelle proposte, una dose elevata di emotività (e quindi una visione soggettiva delle cose). Ecco perché, in questo blog, non troverete risposte ma solo informazione. Vi racconterò l’innovazione, i cambiamenti che implica, le opportunità che apre, le sfide che lancia, i risultati che accelera, i fallimenti che miete… e lo farò con ciò che da sempre mi contraddistingue: la curiosità di sapere e la voglia di condividere!