Le ReRAM metteranno fine al calcolo binario
Non si arresta l’avanzata progressista delle nanotecnologie; dai centri di ricerca arrivano le ReRAM (Resistive random-access memory), microchip di memoria in grado di ‘calcolare’ e memorizzare dati a tre stati abbandonando il concetto di transistor e aprendo le porte al Ternary Computing
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Un gruppo di ricercatori che opera tra Singapore e la Germania è deciso a mettere fine al problema delle memorie volatili, veloci e performanti anche quando impiegate in prestazioni di calcolo ma con un rischio di perdita dei dati in caso di mancanza di energia elettrica sempre molto elevato. I team di scienziati pensano di aver trovato una soluzione sviluppando un chip che opera sia come memoria sia come processore e in grado di sfruttare il calcolo ternario (basato su tre stati: 0, 1 e 2).
I chip in commercio ora si basano sul calcolo binario (funzionano come transistor, minuscoli interruttori elettrici, che permettono due diversi livelli di tensione elettrica espressi con 1 e 0, ossia accesso o spento) ed è almeno una trentina d’anni che gli sviluppatori di processori e microprocessori cercano strade efficaci per velocizzare i calcoli basati su questo sistema. Parallelamente all’aumento delle prestazioni dei processori, si sono sviluppati i chip di memoria, in particolare quelli basati su tecnologia flash che però sono ancorati al concetto di transistor. Nelle più avanzate memorie flash ogni transistor è in grado di ‘ospitare’ celle di memoria multilivello permettendo così di registrare il valore di più bit attraverso un solo transistor. Innovazione che ha permesso di raggiungere notevoli prestazioni in termini di velocità e di poter utilizzare queste memorie nelle operazioni di scrittura-lettura dei dati e della loro memorizzazione (essendo memorie non volatili) ma che non risolve i problemi di latenza che si creano quando i dati devono passare dalla memoria al processore.
Anupam Chattopadhyay, della Nanyang Technological University di Singapore, Rainer Waser, della RWTH Aachen University in Germania e Vikas Rana del centro di ricerca Jülich, sempre in Germania, hanno voluto abbandonare il concetto stesso di transistor per studiare e sviluppare un chip in grado di fungere sia da processore sia da memoria. I chip sui quali stanno lavorando sono composti da piccole celle di materiale commutabile elettricamente, solitamente ossidi di metalli di transizione (come titanio e afnio) che cambiano il loro stato di resistenza elettrica in base agli impulsi di carica che passano attraverso di essi per via degli elettrodi (nelle celle su cui stanno lavorando gli scienziati ci sono due elettrodi, a differenza dei transistor che ne contano tre). A stimolare il cambio di resistenza elettrica è il passaggio, nell’ossido di metallo, di ioni di ossigeno che rimangono nella cella anche quando si perde o si spegne l’elettricità consentendo così alla cella di fungere anche da archivio di dati/memoria (non solo, il controllo degli ioni richiede molta meno energia rispetto al controllo degli elettroni nei transistor facendo così in modo che questi chip richiedano molta meno potenza rispetto ai chip “antenati”)
Questo tipo di memorie, chiamate ReRAM, sono ancora in fase di studio ma gli scienziati che vi stanno lavorando pensano che abbiano enormi potenzialità per fungere anche da processori. A differenza dei transistor, sostengono i ricercatori, una cella ReRAM è in grado di ‘reggere’ più di un semplice interruttore ‘on-off’ (1-0), può essere progettata per avere differenti livelli di resistenza ognuno dei quali rappresenta un numero. Oggi i ricercatori hanno sviluppato un chip con tre livelli di resistenza che corrispondono a 3 stati (0,1 e 2) attraverso i quali è possibile memorizzare più dati in uno spazio più piccolo (microchip) ma non escludono che in futuro questi stati possano aumentare.
Sulla rivista scientifica Scientific Reports – Nature, i professori Chattopadhyay, Waser e Rana hanno descritto i risultati della loro ricerca sul calcolo ternario ma hanno anche esposto i limiti attuali di questi chip. Al di là degli aspetti commerciali (non è poi così facile, ad oggi, sviluppare chip di questo tipo), queste nuove tecnologie non sarebbero in grado di funzionare con i sistemi operativi ed i software odierni (basati ovviamente sul calcolo binario). Non solo, chip che agiscono contemporaneamente da processore e memoria operano ad un tasso di megahertz (milioni di cicli al secondo) e non di gigahertz (miliardi di cicli al secondo) come i più moderni processori attualmente in commercio. Tuttavia, operare ad una frequenza di megahertz potrebbe essere sufficiente per molte applicazioni, soprattutto dove la miniaturizzazione offre un vantaggio (per esempio nei piccoli dispositivi); se poi consideriamo anche il loro basso consumo potrebbero presto trovare spazio in prodotti come sensori, wearable device, dispositivi medici indossabili, ecc.